Mentre dalla Bce arriva l’ennesimo rialzo dei tassi di interesse con il rischio sempre più vicino di generare un credit crunch, la Commissione Europea lancia un preciso segnale di attenzione ai 24 milioni di Pmi che animano il tessuto produttivo del Continente. Con la nuova proposta di regolamento sulla lotta ai ritardi di pagamento, presentata il 12 settembre, si punta a tutelare gli imprenditori vittime dei ‘cattivi pagatori’, sostituendo l’attuale direttiva Ue, datata 2011, con l’obiettivo è di eliminare “le ambiguità” e colmare “le lacune giuridiche”. Ma soprattutto si fissa un limite massimo “più rigoroso” di 30 giorni per saldare le fatture.
La direttiva prevede, infatti, un termine di pagamento di 30 giorni per le transazioni commerciali che può, tuttavia, essere esteso a 60 giorni o più “se non gravemente ingiusto nei confronti del creditore”. In pratica, evidenzia Bruxelles, “l’assenza di un termine massimo di pagamento effettivo e l’ambiguità nella definizione di ‘gravemente ingiusto’ nella Direttiva hanno portato a una situazione in cui termini di pagamento di 120 giorni o più vengono spesso imposti ai creditori più piccoli”. La nuova proposta di regolamento razionalizza queste disposizioni e introduce un unico termine massimo di pagamento di 30 giorni per tutte le transazioni commerciali, comprese quelle che coinvolgono la pubblica amministrazione. Questa scadenza, nei piani dell’esecutivo Ue, sarà la stessa in tutti i Ventisette Paesi. Le parti, viene precisato, “possono negoziare qualsiasi termine di pagamento purché non superi i 30 giorni e la proposta non pregiudica i termini di pagamento più brevi stabiliti dalla legislazione nazionale, per garantire la certezza del diritto”. Il testo Ue elimina inoltre l’attuale proroga a 60 giorni dei termini di pagamento per gli enti pubblici che forniscono assistenza sanitaria e per le autorità che svolgono attività economiche di natura industriale o commerciale. Nei calcoli di Bruxelles, “una riduzione di un giorno dei ritardi di pagamento aumenterebbe il flusso di cassa aggregato delle imprese dell’Ue dello 0,9% e potrebbe far risparmiare loro 158 milioni di euro in costi di finanziamento”.
La decisione di Bruxelles è stata salutata con soddisfazione da Marco Granelli, Presidente di Confartigianato che da sempre è in prima linea nella battaglia contro i ritardi di pagamento. “Servono regole certe, chiare e stringenti a difesa delle vittime dei ‘cattivi pagatori’. Ci auguriamo – sottolinea Granelli – che il rafforzamento della fonte normativa renda più cogenti i termini di pagamento e riesca a sconfiggere il ‘business del pagherò’. Le Pmi non devono più essere alla mercè delle ambiguità normative e di chi esercita posizioni dominanti. In questi tempi di alta inflazione e di aumento dei tassi di interesse, pagare in ritardo o non pagare affatto i propri fornitori è il modo più semplice per finanziarsi senza chiedere prestiti in banca. Tutto questo sulle spalle delle imprese creditrici”.
Granelli tocca così il cuore del problema di quanto sta avvenendo in Europa: gli interventi per sostenere lo sviluppo imprenditoriale e la politica monetaria non sembrano andare di pari passo.
La sensibilità della Commissione verso le esigenze dell’economia reale appare, infatti, ben diversa dai rigidi automatismi con i quali la Banca Centrale Europea fa scattare gli aumenti dei tassi di interesse per contenere l’inflazione. Con il rialzo deciso il 14 settembre, il decimo da luglio 2022, prestiti e mutui saranno ancora più cari e per le imprese si aggraverà il problema di reperire risorse per finanziare l’attività e programmare investimenti. Il Presidente di Confartigianato segnala che nell’ultimo anno le micro e piccole imprese hanno già subìto un aumento di 6,7 miliardi del costo del credito. Contemporaneamente si assiste ad un progressivo crollo dei prestiti bancari: – 8,2% per le aziende fino a 20 addetti e – 9,5% per le imprese artigiane. Un problema acuito appunto dal fenomeno dei ritardi di pagamento della Pa e dei privati di cui sono ‘vittime’ proprio i piccoli imprenditori costretti a ‘fare da banca’ a chi non salda le fatture nei tempi indicati dalla legge.