Le elevate temperature di luglio e la crisi idrica che sta colpendo le Isole evidenziano la rilevanza delle conseguenze del cambiamento climatico, per le quali cresce la preoccupazione dei cittadini. La prevenzione dei danni derivanti dal climate change e le criticità della rete idrica richiedono investimenti pubblici per la manutenzione del territorio, pesantemente ridotti nel passato.
Alcune evidenze sulle conseguenze del climate change e le tendenze degli investimenti pubblici sono contenute nel report “Edilizia nell’era del post-superbonus e il trend dell’estate 2024” presentato nelle scorse settimane nel webinar organizzato da ANAEPA-Confartigianato Edilizia e dall’Ufficio di Studi di Confartigianato Imprese.
Il monitoraggio delle preoccupazioni ambientali condotto dall’Istat evidenzia che nel 2023 cresce la preoccupazione per i cambiamenti climatici, espressa dal 58,8% della popolazione, oltre due punti in più del 56,7% nel 2022 e oltre sei punti in più del 52,2% del 2021.
Nel 2022, secondo l’elaborazione di Eurostat dei dati Agenzia europea dell’Ambiente (EEA), l’Italia è al primo posto tra i 27 paesi dell’Ue per danni da eventi meteorologici estremi e legati al clima, con 284 euro per abitante, un valore 2,4 volte la media Ue di 117 euro per abitante. Negli ultimi dieci anni (2013-2022) l’Italia ha cumulato danni per 50,0 miliardi di euro (valutati a prezzi costanti anno 2022), pari a 5 miliardi di euro all’anno.
All’alta esposizione dell’Italia a queste tipologie di rischi contribuiscono la scarsa manutenzione e la riduzione della dotazione di infrastrutture deputate alla difesa del territorio. Il capitolo di spesa per investimenti pubblici che comprende le opere a tutela del territorio nei dieci anni precedenti alla pandemia, in rapporto al PIL, si è dimezzata, per tornare a recuperare a salire dal 2021, anche grazie al sostegno del PNRR. Da segnalare che a valori correnti la spesa di 11,2 miliardi di euro nell’ultimo anno disponibile, il 2022, è pari a quella del 2003 (11,1 miliardi).
La siccità in corso, che interessa Sicilia e Sardegna, determina rischi sull’attività di 8 mila imprese che operano in settori manifatturieri ad alto uso di acqua, con 38 mila addetti, pari ad un terzo (33,3%) dell’occupazione manifatturiera delle Isole. Qui i dati per territorio. L’irregolarità nella fornitura idrica ha ripercussioni anche sul turismo, considerando che in Italia, nei tre mesi estivi (giugno-agosto) si concentra quasi la metà (47,4% nel 2023) delle presenze turistiche dell’anno.
A fronte della ridotta spesa pubblica per la manutenzione delle infrastrutture, si registrano elevate e diffuse perdite dalle reti idriche comunali. Su 8 miliardi di metri cubi di acqua immessi nelle reti comunali di distribuzione dell’acqua potabile, se ne perdono 3,4 miliardi (42,4%), un volume superiore all’acqua erogata per l’intero Centro-Nord (3,2 miliardi di metri cubi). In chiave territoriale la percentuale di perdite nel Nord-ovest è del 33,5%, nel Nord-est del 37,2%, nel Centro del 43,9%, mentre nel Sud sale al 50,5% e nelle Isole, proprio dove si concentra la crisi idrica dell’estate del 2024, arriva al 51,9%. Tra le regioni, le perdite sono più elevate in Basilicata con 65,5%, Abruzzo con 62,5%, Molise con 53,9%, Sardegna con 52,8%, Sicilia con 51,6%, Campania con 49,9%, Umbria con 49,7%, Calabria con 48,7% e Lazio con 46,2%.
Le perdite rete sono da attribuire a fattori fisiologici, presenti in tutte le infrastrutture idriche, a rotture nelle condotte e vetustà degli impianti, oltre a fattori amministrativi, dovuti a errori di misura dei contatori e usi non autorizzati. Un consistente intervento per ridurre le perdite idriche è previsto dal PNRR: per la gestione dell’acqua il Piano prevede interventi per 5,4 miliardi di euro, di cui 2,0 miliardi di euro di investimenti in infrastrutture idriche primarie per la sicurezza dell’approvvigionamento idrico e 1,9 miliardi per la riduzione delle perdite nelle reti di distribuzione dell’acqua, compresa la digitalizzazione e il monitoraggio delle reti.