Confartigianato Alimentazione denuncia la difficile situazione in cui si trovano ad operare le imprese del settore: l’incremento dei costi dell’energia elettrica e del gas hanno causato negli ultimi 12 mesi rincari addirittura fino al 500%, aumenti alimentati da fattori oggettivi e dalla forte spinta della speculazione.
Il presidente Massimo Rivoltini sottolinea la necessità di contrastare con vigore il caro bollette con interventi massicci da parte del governo potenziando le misure già adottate dall’attuale esecutivo, prevedendo l’azzeramento degli oneri generali di sistema per luce e gas, la riconferma del credito d’imposta sui costi di elettricità e gas per le imprese non energivore e non gasivore e, non da ultimo, arrivare a stabilire un limite europeo al prezzo del gas.
“Parallelamente agli interventi per l’immediato, – spiega – occorre adottare anche misure strutturali, oltre a prevedere soluzioni di lungo periodo come l’aumento dell’estrazione del gas in Italia o una diversificazione di tutte le fonti di approvvigionamento senza veti ideologici. In aggiunta a ciò imprese e famiglie dovrebbero poter essere agevolate sull’autoproduzione energetica con il fotovoltaico, anziché trovare molto spesso ostacoli di tipo burocratico”.
“A questi costi – aggiunge Rivoltini – sono da assommare inoltre i forti incrementi dei prezzi delle materie prime, nonché i costi di produzione, come quello per gli imballaggi, dalla plastica al vetro fino al legno per i pallet da trasporti e alla carta per le etichette dei prodotti”.
Nonostante il settore agroalimentare italiano registri buoni incrementi dall’export, soprattutto da quello dell’area extra UE (che risulterebbe essere più lontana dalla crisi bellica est europea e meno coinvolta dalla crisi energetica legata al gas russo), vanno ugualmente ad incidere sullo scenario l’enorme debito pubblico che impedisce manovre extra bilancio e le forti dipendenze estere in campo energetico e agricolo.
Due fattori contingenti contribuiscono poi ad aumentare i pericoli per il paese: l’incertezza determinata dall’evolversi della guerra russo-ucraina e dalle fluttuazioni dei prezzi delle commodity alimentari e l’inflazione che ha ripreso a galoppare come non si vedeva da parecchio tempo.
Fino a questo momento le imprese hanno evitato di scaricare l’incremento dei costi sui prezzi al consumo, nella maggior parte dei casi lavorando anche in perdita, ma queste scelte non possono essere irreversibili. Se la corsa del prezzo del gas continuerà anche in autunno rendendo impossibile onorare le bollette, le imprese si ritroveranno a dover applicare una sospensione o una forte limitazione alla produzione con il rischio concreto di andare incontro alla definitiva chiusura.
E allo stesso modo, se le famiglie si troveranno ad affrontare un costo più elevato dell’energia i consumi rallenteranno; e ugualmente saranno le imprese ad essere ancor più gravate al punto da dover ribaltare i maggiori costi sui prodotti al consumo, determinando lo stesso risultato.
Non c’è più tempo. L’autunno è prossimo e le imprese che sono appena riuscite faticosamente a ripartire dopo i lockdown motivati dalle misure anti Covid non possono rischiare di ritrovarsi in una nuova e più pesante recessione.
A fronte di questi ipotetici scenari diventerebbe necessario per le imprese poter ricorrere alla cassa integrazione per evitare le forti riduzioni del personale determinando così notevoli ripercussioni sul piano sociale. Con il riaprirsi di una stagione di agitazione delle maestranze con richieste allo Stato di effettive garanzie occupazionali ed il possibile conseguente innesco di proteste generalizzate.
Sarebbe infatti altamente probabile il rischio di ritrovarsi in una situazione da “autunno caldo” di lunga memoria tra i cui effetti vi sarebbe la rimessa in discussione di quegli equilibri di pace sociale rappresentati dagli accordi tra imprese e sindacati, raggiunti grazie all’impegno profuso dalle rispettive rappresentanze e che hanno contribuito decisamente ad accelerare lo sviluppo economico dell’Italia.