A settembre il Consiglio della BCE ha mantenuto invariati i tassi di riferimento della politica monetaria, confermando la decisione di luglio. L’atteggiamento prudente delle autorità monetarie è indotto da uno scenario geopolitico instabile, con guerre commerciali e conflitti che determinano incertezza, con potenziali shock per i quali i policy makers si mantengono un margine di manovra.
Una politica monetaria prudente si associa ad una politica fiscale scarsamente espansiva. Secondo il Documento programmatico di finanza pubblica (DPFP) varato giovedì scorso dal Governo la prossima manovra non avrà impatto sulla crescita del 2026, con effetti espansivi limitati solo nel 2027 e 2028 (+0,1 punti). Il debole sostegno di entrambe le politiche economiche non appare adeguato nel contrastare il pesante impatto dei dazi che, sempre nel DPFP, è stimato pari allo 0,5% del PIL nel 2026 e dello 0,4% nel 2027.
Ad agosto 2025 il costo del credito pagato in media dalle imprese sulle nuove operazioni in Italia è del 3,49%, di 186 punti base superiori ai livelli di giugno 2022, precedente all’avvio della stretta monetaria. Il mancato taglio dei tassi di interesse penalizza la ripresa in corso degli investimenti in macchinari e non contribuisce al sostegno dei prestiti alle micro e piccole imprese. Nel secondo trimestre del 2025 gli investimenti in macchinari e impianti tornano a salire (+1,8%), dopo cinque trimestri con il segno negativo. Con il décalage dei tassi, tornano in positivo i prestiti alle imprese che ad agosto salgono dell’1,2% su base annua (+0,8% a luglio), una dinamica che rimane, comunque, meno intensa rispetto al +3,0% registrato in Eurozona.
Il focus credito del 35° report congiunturale di Confartigianato pubblicato oggi dall’Ufficio Studi delinea il persistere di una situazione critica per il credito alle micro e piccole imprese, un fenomeno su cui ha posto particolare attenzione il Governatore di Banca d’Italia nelle considerazioni finali dello scorso maggio: “un’adeguata disponibilità di credito è essenziale per sostenere gli investimenti e favorire la ripresa produttiva, soprattutto per le aziende più piccole, che incontrano maggiori difficoltà di accesso a fonti alternative di finanziamento”.
A giugno 2025 i prestiti alle micro e piccole imprese fino a 20 addetti diminuiscono del 5,0% continuando il percorso di rallentamento della flessione iniziato nel 2024 in cui però registrano flessioni più intense rispetto al totale imprese (-0,2% a giugno 2025). Tra le imprese di minor dimensione va segnalata la criticità dei prestiti alle quasi-società artigiane – l’unico cluster riferito all’artigianato preso in esame da Banca d’Italia e che rappresenta circa la metà dei prestiti all’artigianato – il cui stock a giugno 2025 è in flessione dell’8,5%.
I divari territoriali amplificano gli effetti sul costo del credito per le imprese determinato da una minore velocità di discesa dei tassi. A giugno 2025 le imprese pagano in media un tasso di interesse annuo effettivo (TAE) del 5,22% con un ampio range territoriale, con un costo dei prestiti più onerosi nel Mezzogiorno e una oscillazione che va dal massimo di 7,13% in Calabria al minimo di 4,74% in Emilia-Romagna. Il settore che paga il tasso più alto sono le Costruzioni con il 6,30% con il massimo di 8,96% in Valle d’Aosta ed il minimo in Emilia-Romagna con il 5,52%. Seguono i Servizi con un tasso di interesse annuo effettivo del 5,40% e una differenziazione territoriale che va dall’8,08% della Calabria al 4,93% dell’Emilia-Romagna. Il costo del credito relativamente più contenuto si riscontra nel Manifatturiero esteso, comprensivo di estrattivo, energia e utilities, pari 4,82% oscillando tra il 5,89% della Basilicata ed il 4,15% del Trentino-Alto Adige.
Infine, l’analisi degli ultimi dati disponibili per classe dimensionale delle imprese, riferiti a marzo 2025, conferma un maggiore costo del credito per le piccole imprese rispetto alle medio-grandi, in particolare nel Mezzogiorno: la situazione più critica si verifica in Sardegna dove le piccole imprese pagano un tasso pari all’11,27% superiore di ben 476 punti base rispetto al 6,61% pagato dalle restanti imprese.







